Tra le principali occorre mettere in rilievo la mancanza di procedure partecipative per l’attribuzione, a determinati beni, della valenza di beni comuni; l’assenza di un riferimento al principio di fiducia reciproca; la mancata considerazione dei soggetti imprenditoriali quali cittadini attivi; il rilievo dato alla sola sostenibilità economica e non anche ambientale nella valutazione delle proposte di collaborazione; l’irrilevanza della democraticità interna delle associazioni partner; l’assenza di un riferimento alla riorganizzazione interna della struttura burocratica comunale, affinché sia costituito un apposito ufficio o sportello unico preposto alle relazioni con i cittadini attivi. É tuttavia sul fronte delle garanzie di separatezza dalla politica che si rilevano le maggiori differenze. In primo luogo per quanto riguarda l’approvazione dei patti di collaborazione, che dovranno essere sottoposti al vaglio del consiglio comunale e solo successivamente ne avverrà l’adozione da parte del dirigente amministrativo competente; inoltre tali patti avranno una durata legata a quella della carica del sindaco. Ciononostante occorre mettere in evidenza la prontezza con la quale l’amministrazione del Comune dell’Aquila ha deciso di fare proprio uno strumento tanto innovativo per la gestione dei beni comuni urbani. Si tratta di una scelta ancor più coraggiosa in una realtà il cui tessuto urbano è ancora duramente provato dalle conseguenze del sisma del 2009 e, qualora opportunamente attuato, potrà dare la luce ad esperienze di collaborazione tra cittadinanza e pubblica amministrazione sicuramente all’avanguardia.